lunedì 5 ottobre 2009

Raccontare e Raccontarsi - Simona Zaccaria


Nell’ambito dei laboratori didattici attivati dalla Facoltà di Lettere e Filosofia è stato attuato il progetto “Raccontare e Raccontarsi. Percorsi di educazione pragmalinguistica e interculturale”, a cura di due docenti dell’Ateneo di Catania: la professoressa Rosaria Sardo, docente di Storia della Lingua Italiana e Lingua italiana e comunicazione, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, e il professor Letterio Todaro, docente della Facoltà di Scienze della Formazione.
L’obiettivo principale del ciclo di incontri, tenutisi presso l’Istituto Comprensivo “Campanella-Sturzo” di Librino è quello di “sensibilizzare” e stimolare l’attenzione di docenti ed educatori in genere verso le tecniche della didattica ludica, fulcro sul quale incentrare i percorsi di educazione pragmalinguistica, la quale si esplica attraverso svariati mezzi, quali ad esempio la narrativa, argomento principe di ogni incontro, i mezzi audiovisivi, musicali, cinematografici. Agli incontri pomeridiani, oltre naturalmente ai docenti del suddetto Istituto, hanno partecipato alcuni studenti delle Facoltà di Lettere e Scienze della Formazione. Ogni incontro ha avuto una propria tematica, con relativo titolo, sebbene, come già accennato, il perno attorno al quale ruota ogni argomento è la narrativa. Non a caso, nel primo incontro, il professor Todaro ha tenuto una lezione dal titolo emblematico “Metafore della narrazione e congegni della formazione”, nella quale ha illustrato il concetto di narrazione quale dispositivo principale su cui avviene la formazione dell’identità, la costruzione di sé. L’identità, dunque, è il risultato sempre mobile di atti narrativi, che cercano di ordinare i sé possibili che vivono dentro di noi. Subito dopo ha proseguito la professoressa Sardo, la quale ha illustrato ai presenti i concetti di pragmatica e testualità della narrazione. Nel corso dei successivi incontri sono intervenute altre importanti personalità. La professoressa Lucia Scuderi e la professoressa Giusi Germenia hanno trattato il tema fondamentale, a mio avviso, del connubio tra parole e immagini: gli albi illustrati. L’attenzione è stata posta soprattutto sull’importanza dell’illustrazione non come mero elemento decorativo, bensì come linguaggio a sé stante, in grado di “raccontare” ciò che le parole non dicono, in quanto la pittura si pone al servizio della narrazione. Nell’incontro successivo la professoressa Sardo, dopo l’intervento della professoressa Gabriella Zammataro, ha illustrato in modo encomiabile la didattica ludica dell’italiano attraverso la narrazione, tema precipuo del progetto, che si propone lo scopo di accostare al metodo d’insegnamento tradizionale questa forma innovativa. L’accento è stato posto essenzialmente sui requisiti di base del docente, quali le abilità tecniche e le competenze o la capacità progettuale, e del discente, quali innanzitutto la motivazione o la predisposizione ad apprendere. Nel quarto incontro è stato trattato un altro importantissimo e alquanto delicato tema: il valore della narrazione in prospettiva interculturale, a cura delle professoresse Graziella Scuderi ed Angela Catalfamo, le quali hanno più volte sottolineato che le culture non presentano confini netti, ma sono il risultato, sin dalle origini, di “incroci”. L’educazione interculturale può fornire le lenti per vedere le culture nella loro dinamicità. Occorre, dunque, capire l’orizzonte culturale nel quale ognuno è inserito e ciò è possibile attraverso un preziosissimo mezzo: la narrazione. Le storie personali di vita sono, infatti, fondamentali per comprendere le culture. A questo punto entra in gioco l’ascolto: la premessa più importante affinché avvenga una relazione interculturale. I confronti tra lingue diverse, soprattutto nell’età dello sviluppo, possono offrire stimoli e confronti affascinanti per far apprezzare la diversità culturale. L’educazione linguistica diventa la chiave per aprire il processo di trasformazione del modo di pensare che non sarà più quello di un isolamento monolinguistico concentrato solo sui modelli della lingua nazionale poiché, a mio avviso, tutti i bambini dovrebbero essere educati alla comprensione e alla comunicazione interculturale, secondo procedimenti metodologici graduati, e capire la diversa funzione culturale di ogni lingua che li circonda nel contesto sociale in cui vivono. A questo proposito è doveroso ricordare che nell’insegnamento della grammatica italiana a bambini stranieri è importante utilizzare un approccio metodologico di tipo grammaticale, unito ai metodi comunicativi. Si tratta di fatto di un <>, sottolineando l’obiettivo principale della comunicazione, ma conferendo, tuttavia, spazio ed attenzione ai momenti di riflessione grammaticale, alla struttura e alla forma. Il penultimo incontro ha goduto della presenza delle professoresse Stefania Rimini e Maria Rosa De Luca, le quali hanno tenuto un’interessantissima lezione sul teatro narrazione, facendo riferimento ad uno dei suoi più interessanti interpreti: Ascanio Celestini. A tal proposito cito una sua frase che mi ha colpito molto: <>. Ciò sottolinea il valore della parola, il senso di raccontare. Nel corso dell’incontro è stato affrontato anche il tema concernente l’educazione musicale. La musica, dotata di linguaggio simbolico, educa gli studenti all’espressione e alla comunicazione. Inoltre è necessario ricordare che la musica non è solo pratica, ma è anche conoscenza. L’attività pratica si esplica con gli strumenti o con la voce; l’attività cognitiva riguarda la comprensione dell’opera musicale (ascolto consapevole).
La settimana successiva la professoressa Rosaria Sardo ha tenuto l’ultima lezione del ciclo di incontri. L’attenzione è stata posta sui concetti di grammatica tradizionale e pragmatica, che studia, appunto, gli usi comunicativi, non le regole. Si è anche accennato ad alcune personalità rilevanti, quali Gianni Rodari, Don Lorenzo Milani, Mario Lodi e Alberto Manzi, i quali hanno scritto sul problema della lingua italiana e sulla necessità di insegnare in modo alternativo. Da qui si ritorna al “problema”di come fare grammatica. Come ha ribadito la professoressa Sardo nel corso dell’incontro, sin dal 1875 si insegnava grammatica a scuola, fornendo agli alunni la regola e
l’esempio. Siamo, dunque, distanti da un approccio comunicativo. Il bambino, invece, ha voglia di “giocare” con le regole, di scoprirle. A questo punto cito una frase di Marcel Proust:<>. Non si giunge ad altra conclusione che non sia quella di voler tentare di scoprire l’essenza, le potenzialità delle cose sempre viste, ma in modo nuovo, diverso. In tal modo si regala al bambino non solo la “regola”, ma un po’ di se stessi, o forse, un po’ di se stessi come strumento, il cui fine è di regalare poi, quasi involontariamente, la “regola”. Quale sia il giusto ordine sequenziale non è rilevante.
Ritengo che lo scopo di tale progetto sia un nuovo punto di partenza per le tecniche di insegnamento, poiché la didattica ludica si presta perfettamente all’età dei bambini della scuola primaria e ciò farà in modo che l’apprendimento divenga sempre più spontaneo e, a mio avviso, stimolerà molto l’interesse e la motivazione degli alunni che, in tal modo, avrà più probabilità di essere intrinseca alla loro stessa formazione.

Simona Zaccaria

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