mercoledì 26 agosto 2009

Tirocinio didattico presso il CD "M. Rapisardi" (John Loren Broomall)

L’esperienza che mi ha portato a diretto contatto con Grammagiò è stata quella del tirocinio didattico svolto durante la frequenza del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, all’interno del progetto “Radici e Identità”: percorsi di integrazione etnolinguistica e culturale in collaborazione con la Prof.ssa Rosaria Sardo. Il tirocinio è stato articolato ed organizzato in due momenti fondamentali. Il primo, in stretta collaborazione con il tutor didattico, relativo alla formazione dei tirocinanti, con lezioni riguardanti l’apprendimento e l’acquisizione della lingua, l’analisi delle tipologie di errori ed i relativi test linguistici nonché il lessico e l’educazione pragmalinguistica. Una parte importante dell’analisi è stata riservata alla didattica ludica della grammatica italiana.
L’esperienza della Prof.ssa Sardo e la testimonianza del lavoro di professionisti come Giovanni Caviezel, docente di comunicazione visiva nonché musicista e autore di testi per l’infanzia, ci ha fatto comprendere come le possibilità di apprendimento della lingua possano essere aggiornate in un’ottica di didattica dinamica e coinvolgente, che porti i bambini ad un apprendimento ed una partecipazione attivi. Abbiamo utilizzato testi di Gianni Rodari (Il libro degli errori) e di altri autori come fonte di ispirazione per la creazione di percorsi e progetti che stimolassero i bambini nell’apprendimento della grammatica utilizzando il ‘gioco’ come strumento fondamentale.
Prima della parte pratica da effettuare a scuola, a contatto con bambini e insegnanti, abbiamo ascoltato le insegnanti dell’istituto comprensivo Campanella-Sturzo di Catania (Librino) che ci hanno aggiornati sulle nuove modalità e tecnologie da cui la scuola di oggi sembra non poter più prescindere. I bambini qui hanno la possibilità di interagire coi docenti riguardo i propri interessi e capacità; sviluppare il proprio potenziale linguistico col supporto della tecnologia; considerare il supporto del mezzo audio-visivo come perfettamente integrato e indispensabile.
Tramite la visione di pellicole come “L’apetta Giulia e la signora vita” o “Kirikù e la strega Karabà” i bambini si trovano a riflettere su temi fondamentali come l’interazione e l’integrazione con gli altri, la tolleranza, il rispetto e la curiosità per ciò che ancora oggi è considerato come ‘diverso’. Dal materiale, con cui i bambini di certo riescono a familiarizzare in maniera rapida, si possono trarre numerosi giochi grammaticali utili alla comprensione e alla memorizzazione, facendo della scuola un luogo piacevole e dell’apprendimento qualcosa di dinamico e stimolante.
L’esperienza pratica è stata svolta presso il Circolo didattico Mario Rapisardi di Catania, in cui ho avuto la possibilità di osservare e lavorare con numerose classi, dalle prime alle quinte elementari. Guidati e coordinati con grande entusiasmo dalla maestra Marinella Bonura, e con la collaborazione delle docenti di italiano delle classi quarte, siamo stati chiamati a supportare la realizzazione di uno spettacolo riassuntivo della nuova esperienza portata dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, riguardante l’insegnamento della lingua italiana in chiave ludica.
Ad ogni classe, ed alla rispettiva maestra è stato assegnato un argomento grammaticale. La prima parte riguardante un’introduzione che spiegasse gli aspetti positivi della nuova metodologia; una poesia di Prevert è stata oggetto di una rappresentazione in cui un maestro cerca di arginare la fantasia dei bambini, rappresentando simbolicamente una scuola ormai superata e troppo rigida. In seguito è stata messa in scena una canzone e un balletto sull’uso delle vocali ed un breve sketch tratto dal libro degli errori di Rodari, “un cuore malato”, in cui un cuore (erroneamente scritto con la Q) viene guarito dal dottore grazie alla somministrazione della “Vitamina C”.
Il secondo numero, affidato ad un’altra sezione, aveva come soggetto la punteggiatura. L’idea per la rappresentazione è stata di far entrare in scena una serie di frasi prive della punteggiatura, con ogni parola in mano ad un bambino; in seguito un gruppo con in mano dei cartelli raffiguranti segni di interpunzione avrebbe dovuto posizionarsi al posto giusto, rendendo la frase leggibile e, di conseguenza, corretta. I bambini, prima di posizionarsi al loro posto recitavano una frase esplicativa, ad es.: «Questa è la punteggiatura, tu ricordala con cura o farai una bruttissima figura!»
La terza parte riguardava la drammatizzazione del testo “I cavalieri del congiuntivo” di Erik Orsenna, in cui il congiuntivo è visto come l’universo del dubbio e la giovane protagonista esplora l’intricato mondo dei modi verbali.
Congiuntivo e condizionale sono anche al centro dell’ultima parte dello spettacolo. I bambini sono chiamati questa volta ad interpretare un musical, “rappando l’italiano”, in cui sono resi evidenti i rischi e i vantaggi del giusto apprendimento ed utilizzo di queste, spesso incerte, parti della grammatica.
La parte curata da bambini e docenti di italiano è stata preceduta da uno spettacolo di Giovanni Caviezel che, intonando canzoni e filastrocche, è riuscito come sempre a coinvolgere tanto i bambini quanto gli insegnanti ed i genitori, facendo comprendere come con il giusto impegno e passione la didattica ludica possa raggiungere in maniera immediata risultati duraturi, importanti per il percorso scolastico dei bambini.
Durante le ore di pratica ho potuto osservare e lavorare con bambini di origine straniera, alcuni di passaggio nel nostro paese, alcuni regolarmente frequentanti. una docente di sostegno ci ha mostrato la metodologia che utilizza per attuare processi di integrazione tra i bambini italiani e stranieri. In due gruppi distinti composti da bambini italiani viene inserito un bambino straniero, che ancora non conosce e non padroneggia la lingua, che si troverà stimolato nella conversazione, a suo agio con argomenti come cartoni animati, giochi o interessi personali. Tra i casi presenti nella scuola, alcuni in particolare sono stati oggetto della nostra analisi.
M. e D., due bambini di origine americana, il primo dell’Oregon ed il secondo del Missouri, presentavano caratteristiche differenti: M., insieme alla sorella, è arrivato con una conoscenza della lingua italiana discreta, in quanto preparato da una scuola europea in vista di uno stage lavorativo del padre. Il bambino risulta perfettamente integrato, comprende molto bene l’italiano, si esprime con poche difficoltà ed ha partecipato in maniera attiva allo spettacolo. D., invece, presenta maggiori difficoltà: soltanto da sei mesi in Italia, non aveva conoscenze pregresse della lingua. Il primo approccio è stato quindi con l’impianto iconografico, le immagini. Per deduzione e grazie al supporto delle insegnanti, il bambino comincia ad acquisire il lessico, seppur ancora oggi piuttosto povero, ed a padroneggiare le strutture della lingua.
C’è da dire che un ruolo fondamentale è giocato fattori di carattere personale: un bambino risulta più timido dell’altro e di conseguenza fa più fatica a relazionarsi.
Le docenti ci hanno spiegato come i compagni di classe siano stati abituati e sensibilizzati ai concetti di intercultura e multiculturalità rendendo il lavoro di integrazione facilitato e riuscendo a far concepire le diversità di origini come una ricchezza, una possibilità di confronto e non un limite.
Entrambi i bambini di passaggio nel nostro paese, non richiedono dunque un approccio all’apprendimento dell’italiano troppo invasivo, ma possono sfruttare questa opportunità come importante esperienza, magari utile per il futuro apprendimento di una L2.
Altri casi particolari all’interno della scuola riguardano un bambino ucraino che non parlava l’inglese e molto poco l’italiano. L’unico modo di comunicazione era costituito inizialmente da gesti e immagini. Oggi il bambino può dirsi integrato sia a livello sociale che a livello linguistico, migliorando costantemente le capacità di base: il lessico risulta ridotto ma è sufficiente per assicurare l’interazione.
Un ultimo caso riguarda una bambina rumena, arrivata in Italia a Gennaio del 2008 ma iscritta a scuola solo a marzo, per avere la possibilità di effettuare prima dell’inserimento un corso intensivo che potesse facilitarne l’inserimento nel gruppo classe. Ad oggi risulta completamente integrata, parla fluentemente la lingua, riesce a relazionarsi senza difficoltà ed a partecipare alle attività scolastiche ed extrascolastiche.
L’esperienza effettuata mi ha portato a capire come, all’interno di molti istituti scolastici, la voglia di rinnovare e aggiornare le metodologie di studio e apprendimento, nell’ottica del raggiungimento di migliori risultati, sia davvero tanta, sia da parte dei docenti, sia da parte degli alunni.
Collaborando al progetto Grammagiò, spero di riuscire a portare testimonianza di altre esperienze dirette, continuando a sperimentare nuovi modi per conoscere a fondo la nostra lingua, insieme ad adulti e bambini, insegnanti e alunni, per capire insieme (ancora una volta) l’efficacia e la potenzialità dello strumento “gioco”.
John Loren Broomall

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