venerdì 18 settembre 2009

IL RACCONTO DI UN’ESPERIENZA SPECIALE…(Sonia Baglieri)

Tra i progetti cui ho preso parte durante l’anno accademico 2006-2007, vi è stato Raccontare e raccontarsi realizzato con la collaborazione della Facoltà di Lettere e Filosofia in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazione per quanto concerne la didattica sperimentale e multimediale dell’italiano a stranieri. Il progetto era a sua volta inserito in un progetto più ampio riguardante la più generale integrazione degli studenti stranieri nelle scuole, il LAPOSS. La prof.ssa Sardo e il prof. re Todaro hanno sono stati i referenti per le rispettive facoltà. Il suddetto laboratorio si è svolto dal marzo al maggio 2007, ha coinvolto diversi studenti della facoltà i quali, a loro volta, hanno collaborato con studenti della Facoltà di Scienza della Formazione.
Il laboratorio è stato suddiviso in tre fasi: la prima a carattere scientifico, teorico e formativo costituita da un breve corso, tenuto dalla prof.ssa Sardo R. e dal prof. re Todaro L., docente delle Facoltà di Scienze della Formazione.
La seconda fase consiste nella suddivisione dei partecipanti in gruppi, in ognuno dei quali è presente almeno un tirocinante della Facoltà di Scienze della Formazione. Ogni gruppo ha il compito di ideare e realizzare un’unità didattica da svolgere, nella terza fase, in una o più classi, elementari o medie, in quattro incontri frontali di due ore ciascuno, con il supporto degli insegnanti delle classi stesse.

Una cura per la parolosa acuta: bambini, dai banchi alla cattedra!
Il progetto ideato e realizzato dal gruppo con cui ho collaborato, è un esempio concreto di ciò che rappresenta il LAPOSS, i suoi intenti, le sue attività e il grande lavoro organizzativo e pratico che sta dietro a tanta dissertazione teorica sulla didattica di italiano L2 ludico – creativa.
Il lavoro è stato pensato per alunni delle scuole elementari e ben si piega ai bisogni di ogni classe, dalla prima alla quinta. Tra le due modalità di realizzazione è stata scelta quella della teatralizzazione per una questione di gusti personali: è stato ritenuto, infatti, che realizzare qualcosa mettendo in gioco in primo luogo il gruppo stesso, potesse essere stimolante e allo stesso tempo divertente,soprattutto per i bambini che hanno assistito ad un totale sovvertimento delle regole scolastiche: filo conduttore di tutti gli incontri, infatti, è stato un simpatico e buffo maestro, interpretato dalla sottoscritta, alle prese con la sua strana quanto originale malattia, la parolosa acuta, la cui unica cura era costituita dai bambini stessi. Questi, attraverso le varie attività di gruppo e i giochi, sono riusciti a raggiungere l’obiettivo e dunque, a guarire il maestro. Per loro non è esistito il tradizionale metodo d’insegnamento poiché stavolta non sono stati loro ad aver bisogno di un maestro per imparare, ma è stato il maestro ad aver avuto bisogno di loro per guarire e tornare a “raccontare e raccontarsi”, non esisteva più il maestro alla cattedra e i bambini dietro i banchi, ma il contrario. Il binomio è stato capovolto: non gli insegnanti insegnano e i bimbi imparano, ma gli insegnanti imparano e i bambini insegnano!
L’organizzazione degli incontri si è basata su alcune nozioni di glottodidattica che prevedono la suddivisione della lezione in tre fasi:
1. Fase Warm Up: fase preliminare che prevede attività ludiche brevi e generiche, canti e balli introduttivi all’incontro allo scopo di riscaldare l’ambiente, stimolare l’attenzione dei bambini, metterli a loro completo agio, abbattendo le tradizionali barriere nel rapporto alunno – maestro.
2. Fase narrazione ed enunciazione nuclei grammaticali: fase centrale dell’incontro in cui vengono introdotti i nuclei grammaticali da trattare, attraverso la teatralizzazione, varie attività e giochi linguistici specifici, l’enunciazione dei nuclei grammaticali alla lavagna, usufruendo del tradizionale metodo didattico grammaticale – traduttivo e una verifica dei contenuti attraverso fumetti, racconti ed esercitazioni varie, in cui si concretizza il motto del progetto LAPOSS, “raccontare e raccontarsi”. La verifica funge anche da feedback di quanto appreso precedentemente dagli alunni.
3. Fase Cool Down: ultima fase il cui obiettivo è quello di rilassare l’atmosfera della classe, abbassarne i toni per garantire un proseguimento sereno delle lezioni alla fine dell’incontro. Questa fase prevede una sigla conclusiva, blanda e tranquilla, che riassuma gli scopi e gli obiettivi di quanto fatto.
I soggetti con cui si è condivisa l’esperienza:
La classe, nel complesso, si è rivelata molto attiva, partecipe ed entusiasta, quasi tutti i bambini hanno collaborato e hanno svolto con piacere tutte le attività previste nei quattro incontri. Alcuni di loro però, hanno mostrato riluttanza nel mettersi in gioco e hanno avuto diverse difficoltà nell’approcciarsi sia ai compagni che al gruppo di lavoro, come la bambina mauriziana, i due piccoli della prima elementare e il nigeriano di terza, ma questo soprattutto nei primissimi incontri. Come in ogni classe che si rispetti, vi sono stati anche elementi di disturbo che, in certi momenti, hanno rallentato le attività del gruppo. A parte questi “piccoli incidenti di percorso” il lavoro è stato sereno e quasi tutti i contenuti grammaticali veicolati sono stati recepiti con successo.
Il progetto in pratica…gli incontri[1]
Primo Incontro. Il primo incontro ha avuto come scopo principale la socializzazione e la conoscenza degli alunni con il gruppo di lavoro e a questo sono state volte quasi tutte le attività della giornata, tra cui il balletto d’apertura – incontro che ha coinvolto con molto entusiasmo tutti gli alunni della classe, un gioco “sciogli – ghiaccio” e la compilazione di una carta d’identità colorata e dalla forma stravagante.
Con la compilazione delle carte d’identità si può concludere la prima parte dell’incontro e si può aprire la seconda che introduce il filo conduttore di tutto il laboratorio, il maestro e la parolosa acuta. Questi possono essere introdotti attraverso un semplice racconto in prosa o, come abbiamo scelto noi, attraverso una storia - filastrocca che qui si riporta:
Questa è la storia di uno strano maestro/in grammatica esperto/ma non certo di bell’aspetto./Rotonda come una focaccia/è la sua grande faccia/Tutti ridono del suo nasone/che quando soffia sembra un trombone./La sua pancia è grassottella/sembra una mortadella./E’ veloce a camminare/ed è sempre il primo ad arrivare/e questo grazie ai suoi piedoni/grandi e grossi come due palloni./TRICK E TRACK E IL GIOCO E’ FATT!!/Si dice del maestro che sia simpatico e leale/e con tutti sempre molto cordiale./Con i bimbi è buono e generoso/e anche tanto premuroso/Fino all’anno scorso insegnava in una scuola elementare/e con i bambini si divertiva tanto a giocare/TRICK E TRACK E IL GIOCO E’ FATT!/Ma è anche per lui arrivato/il tempo di diventar pensionato/Da quando non insegna più/Un brutto guaio gli è capitato:/Parolosa acuta è il nome della malattia/che non vuol più andare via./Il poveretto non riesce più a parlare/E parole senza senso è costretto a pronunciare./Sono tante e storpiate/e della finale le parole son mutilate:/<<>>/Se della malattia si vuole sbarazzare/il maestro a scuola deve ritornare./Forza bambini tocca a voi aiutare/questo maestro sfortunato/che anche il proprio nome ha dimenticato.
L’entrata in scena del maestro è stata accolta con esuberanza e questo ha favorito la creazione di un clima disteso, sereno e soprattutto ha creato le basi per un’ottima predisposizione della classe all’ascolto delle “disavventure” del maestro con il mondo delle parole. I racconti del personaggio possono essere abbozzati precedentemente dal gruppo di lavoro, come è stato fatto, ma si deve trattare di un semplice “canovaccio” su cui basare gran parte dell’improvvisazione della scena. La bozza deve esser strutturata con cura poiché all’interno vi devono essere gli elementi da trattare in un secondo tempo attraverso giochi e attività. Anche in questo caso i bambini sono i veri protagonisti perché prerogativa irrinunciabile di questo momento di teatralizzazione è l’interazione con la classe: il maestro è nelle sue mani, scherza, gioca, racconta il proprio malessere e si fa consigliare.
Nel frattempo si delinea il nucleo grammaticale su cui basare le attività dei successivi incontri, il genere e il numero dei nomi: i bambini, infatti, senza rendersene conto, sono già diventati maestri, poiché la tentazione di correggere i terribili errori del maestro Raffaello è irresistibile e li porta ad insegnargli la regola esatta della formazione del genere e numero dei nomi. Questi ultimi non sono scelti a caso dal gruppo di lavoro. Possono essere suddivisi in tre gruppi: nomi maschili singolari/plurali in –o/-i; nomi femminili singolari/plurali in –a/e e nomi maschili/femminili singolari/plurali in –e/-i.
Si conclude così, anche la seconda parte dell’incontro. L’ultima parte del primo appuntamento è lasciata al ballo di chiusura che richiama lo scopo principale del laboratorio: l’integrazione linguistica e sociale, o il suo consolidamento, dei bambini stranieri all’interno del nuovo territorio.
Secondo Incontro. La prima parte è dedicata principalmente a ristabilire il medesimo clima dell’incontro precedente e a riprenderne i contenuti. Per questo si possono pensare una serie di attività, come la ripetizione di un balletto effettuato nel primo incontro o la proposizione di uno nuovo, un gioco che riprenda la storia del maestro, la comparsa in scena del personaggio in modo da aiutare i bambini e a fare il punto della situazione insieme. Ad esempio, uno dei giochi proposto alla classe, è la rivisitazione del gioco del fazzoletto. Entrato di nuovo in scena il maestro ... i bambini devono solo …giocare con le parole!! La varietà dei giochi linguistici è davvero vasta, tra questi si può proporre, ad esempio, lo Scarabeo, riformulato in modo tale da risultare adatto a soddisfare le esigenze del lavoro in classe. A questa fase dell’attività, segue un’analisi del materiale ottenuto e quindi una prima definizione delle nozioni grammaticali trattate.
Terzo incontro. La ripresa dei contenuti è d’obbligo per continuare gli incontri senza perdere la necessaria attenzione per gli obiettivi che si tenta di raggiungere. Dopo la fase warm up, il riepilogo può avvenire attraverso giochi o, più semplicemente, riproducendo alla lavagna lo schema con cui ci si è lasciati nell’incontro precedente. Per consolidare ulteriormente le conoscenze apprese, si può proporre la recitazione di una filastrocca, del tipo:
Se bravo vuoi diventare
La regoletta devi imparare.
Il nome femminile con la “A” deve finire
Se maschile singolare con la “O” deve terminare.
Se poi di plurale vuoi parlare
Tante cose devi cambiare
La “E” devi usare
se il femminile vuoi moltiplicare
Se il maschile plurale vuoi far diventare
Con la “I” devi giocare.
Ma il gioco deve continuare
Perché altre forme puoi trovare
Che ti fanno scoprire
Un mondo di parole ancora tutto da capire!

Per verificare quanto sia effettivamente arrivato ai bambini, si propone loro di inventare un fumetto[2] – ora sono loro che “raccontano e si raccontano”- nel quale inserire alcuni dei nomi della griglia analizzata alla lavagna, unendo alla rappresentazione grafica della loro storia, anche le didascalie e le nuvolette con le frasi pronunciate dai personaggi creati.
A questo punto, il maestro può definitivamente ritenersi guarito dalla parolosa acuta… forse! Si apre, infatti, una nuova fase in cui i bambini sono messi nuovamente alla prova, il loro compito non è ancora terminato perché si presenta un nuovo sintomo della malattia, finora non ancora comparso: il maestro scambia i significati di alcuni nomi… particolari.
Quarto incontro. Dopo aver riflettuto insieme sui quesiti posti nel penultimo incontro, i bambini centrano il nuovo problema: il maestro fa fatica a riconoscere quei nomi che in italiano presentano doppia forma di singolare e doppia forma di plurale cui corrisponde per ogni forma un significato diverso. In classe sono stati portati diversi oggetti, nascosti ai bambini, rappresentanti i nomi di cui si è appena parlato. Per scoprire gli oggetti si propone l’Impiccato rivisitato. Man mano che il quadro si fa completo, si può proporre una nuova filastrocca:
Di singolare e plurale continuiamo a parlare
Ma con nuove cose da imparare.
Certi nomi hanno due forme di plurale
Ma attento! Non farti ingannare!
Ogni forma ha il suo significato
Se li scambi ti diranno imbranato!
Se le tue braccia vuoi far riposare
Una sedia con i bracci devi trovare!
Altri nomi ben due forme di singolare vogliono avere
Una maschile e una femminile posson possedere.
Ma attento! Non farti ingannare!
Ogni forma ha il suo significato
Se li scambi ti diranno imbranato!
Infatti, se la mela, mangiare vuoi
Dall’albero del melo raccoglierla puoi!
Con tutto ciò abbiamo terminato
E un po’ di cose abbiamo imparato.

Concludendo, il lavoro è stato molto lungo e non certo facile, ma è un percorso che ripaga generosamente e che lascia risultati soddisfacenti, non solo per il successo dell’attività in sé, ma soprattutto per la gioia di assistere a tanta partecipazione in classe da parte di tutti i bambini. Unica pecca di questa esperienza è stata la mancata possibilità di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati e coprire così le lacune riscontrate in alcuni bambini, causa l’esiguo numero di incontri effettuati.
Sonia Baglieri

[1] Tutte le attività previste nel progetto sono state svolte anche se per vari motivi a volte non è stato possibile rispettare le scalette previste per ogni singolo incontro.
[2] Ivi, p. 140.

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